In questi giorni il problema dei lavoratori immigrati e (clandestini) sta diventando artificiosamente la priorità del nuovo governo di centro–destra–inciucio.
La guerra tra i poveri è scoppiata nel napoletano, con la complicità della camorra, rischia di espandersi in altre parti del nostro paese con atteggiamenti e azioni che ci ricordano i nazi-fascisti , quando iniziarono a perseguitare i più deboli e i diversi, mettendo nei forni crematori i rom, comunisti, omosessuali, diversamente abili e terminando con l’olocausto del popolo Ebraico e il disastro della seconda guerra mondiale.
Nella nostra realtà ginosina la situazione degli immigrati comunitari ed extra comunitari è abbastanza seria, perché sono gli schiavi del terzo millennio insieme ai precari nostrani. Basti sapere che nel nostro territorio vivono e lavorano immigrati di ben 76 nazionalità, ma la maggioranza sono rumeni, impiegati o meglio sfruttati, come i lavoratori ginosini in agricoltura, badanti ed in altre attività. Il mercato della manodopera merita particolare attenzione da parte delle forze politiche e sociali presenti, ma, devo sottolineare con rammarico l’assenza totale del sindacato dei lavoratori in tutte le problematiche del lavoro presenti nel nostro territorio, ormai solo bravi a tingere carte ed appuntarsi medaglie sul glorioso passato. Non voglio sostituirmi al sindacato , ma non si può tacere sulle nuove forme del caporalato esistenti. Essi fanno arrivare tramite intermediari direttamente dalle zone più povere della Romania la nuova mano d’opera, avendo già provveduto a tutto l’occorrente. Hanno già affittato delle case intestandosi il contratto e sub-affittano il posto letto, a prezzi maggiorati; spesso questo case sono fatiscenti e molti lavoratori sono costretti a vivere in condizioni di promiscuità, anche in presenza di neonati e bambini.
Altro aspetto è rappresentato dal “caffè” che viene regolarmente pagato a chi li trasporta sul luogo di lavoro, balzello che viene trattenuto direttamente sulla paga giornaliera.
Di fatto quindi il “ caporale “ si sostituisce completamente allo stato diventando il deus ex-machina del lavoratore “indicandogli” pure dove deve andare a fare la spesa, molto spesso accompagnandoli di persona, chiaramente con il solito “caffe” pagato.
La parte comica della questione è che questi lavoratori vengono percepiti dalla popolazione di Ginosa come un danno per il loro lavoro, dato che, il salario di un migrante è mediamente più basso di quello di un “indigeno” e quindi il proprietario terriero preferisce la manodopera straniera a quella autoctona.
Ma mi chiedo è colpa dello straniero o di chi li sotto-paga?
Credo che il problema sia un altro e non sia di facile soluzione, almeno finche le parti sociali e le autorità saranno latitanti.
Quello che manca alla nostra comunità è uno stato sociale che funzioni e, che soprattutto non continui a demandare tutto alle varie associazioni di volontariato esistenti, che con i pochi mezzi che hanno non possono certo garantire un servizio adeguato.
Chiudo con una riflessione: quanto costerebbe al “welfare” se si realizzasse quello che la Lega Nord si propone di fare? Quanti soldi dovrebbe sborsare l’ ASL per garantire l’assistenza agli anziani che tutt’oggi sono assistiti da badanti invisibili?
E chi lavorerebbe i nostri campi, senza la manodopera che la presenza dei lavoratori stranieri garantisce?
Damiano Pollicoro
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